Lo spirito dei continenti
Il progetto “Pangea – lo spirito dei continenti” giunge quest’anno alla sua terza fase. Non solo uno spettacolo affascinante e denso di significato, ma anche una sinergia, un abbraccio tra diverse sensibilità artistiche dal respiro internazionale.

testo di Luigi Catuogno, foto di Vittoria di Giacomo e Luigi Catuogno
Pangea è stato l’ultimo abbraccio di tutte le terre emerse. Quando si è sciolto ha dato vita ai cinque continenti che noi credevamo fossero lì da sempre.
L’idea che montagne, oceani, pianure e isole siano tutt’altro che eterne e immutabili; che le fredde terre del nord fossero state un tempo rigogliose e floride isole del sud, così come i deserti di oggi fossero stati ventosi altipiani e fondali marini brulicanti di vita, disorienta e smarrisce.
Se non restano fermi per sempre neanche i continenti, cosa può restare immoto per gli uomini che li abitano? Quale significato può avere restar fermi e uguali a sé stessi se nulla in natura lo fa?
Domenica 12 settembre all’arena del Parco del Mercatello, “Pangea -Lo spirito dei continenti” ha messo in scena l’idea che gli uomini, come i continenti, esistano in un continuo divenire che li porta a cambiare e cambiarsi, unirsi, dividersi e unirsi ancora: come i corpi in una danza, le voci in un canto, i suoni nella musica. E così, sul palcoscenico, l’intreccio tra i vari gruppi che hanno dato vita allo spettacolo era avvolgente. Ciascuno diventava indivisibile dagli altri, in uno scambio di linguaggi, e di forme.
Del resto, la musica, la danza, il canto sono la lingua di Pangea, la sola con cui potranno esprimersi, nella certezza di comprendere e di essere compresi, gli uomini che si incontreranno quando i continenti su cui vivono torneranno a unirsi.
Il progetto, fortemente voluto da Alessio Coppola, il coro Calicanto, Ballando per le Strade e Utungo Tabasamu, giunge quest’anno alla sua terza fase. Non solo uno spettacolo affascinante e denso di significato, ma anche una sinergia, un abbraccio tra diverse sensibilità artistiche, culminato in un laboratorio dal respiro internazionale, che si è avvalso della guida dei maestri e coreografi Jan Knoppers e Richard Van Der Kooij e del Theatergroep Radost di Delft (Olanda).