18 Ottobre 2024

Questi sono giorni di esami di Stato conclusivi della scuola secondaria di I grado, parallelamente si celebrano iniziative, a livello mondiale, contro il lavoro minorile. Due volti di una stessa medaglia.

Il lavoro minorile è un fenomeno globale che non risparmia l’Italia. Qui si stima che 336mila minorenni tra i 7 e i 15 anni stiano già lavorando. 

Nel nostro paese la legge prevede la possibilità per gli adolescenti di iniziare a lavorare all’età di 16 anni, dopo aver assolto l’obbligo scolastico. 

Da un’ indagine sul lavoro minorile in Italia emerge che quasi un 14 – 15enne su cinque svolge, o ha svolto, un’attività lavorativa prima di questa età. La maggioranza dei minori che dichiara di lavorare ha iniziato dopo i 13 anni per ottemperare ai bisogni familiari o già personali.  I settori prevalentemente interessati dal fenomeno del lavoro minorile sono la ristorazione,

la vendita al dettaglio nelle attività commerciali, le attività in campagna, in cantiere. Ma emergono anche nuove forme di lavoro online, come la realizzazione di contenuti per social o videogiochi, smartphone e pods per sigarette. Più della metà degli intervistati lavora tutti i giorni o qualche volta a settimana per più di 5ore al giorno.

Questi sono solo alcuni tra i dati che emergono dalla ricerca, che non fatica a dimostrare una correlazione tra lavoro minorile e dispersione scolastica: un circolo vizioso di povertà ed esclusione. 

Da questa indagine, con certezza, si evince che una importante percentuale – perché è sempre troppa – dei ragazzi italiani entra nel mondo del lavoro prematuramente ed illegalmente, influenzando in questa maniera la loro condizione futura di giovani NEET, Not in Education, Employment, or Training. Stiamo parlando di persone che in un dato momento storico della loro vita non studieranno, non lavoreranno né riceveranno una adeguata formazione professionale. E, oggi, lo Stato, attraverso i suoi attori sociali ed economici, già ne è responsabile.

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