19 Settembre 2024

Il “senso” dell’appartenenza

Un luogo è composto dal territorio, quale sfondo del racconto della nostra storia, e dalle persone che vi abitano.

Io non pretendo il mondo intero. Vorrei un posto più sincero, dove magari rinasca, non so come e quando, il senso di uno sforzo collettivo per ritrovare proprio lì il mondo intero.” Giorgio Gaber

Alla luce degli ultimi episodi di fanatico campanilismo, ci siamo chiesti cosa significhi, nei fatti, appartenere ad un territorio. Per soddisfare il nostro senso di appartenenza al contesto in cui ci riconosciamo, si è palesato un ancestrale bisogno di dimostrare la propria fedeltà in maniera anacronistica, diremmo, tribale. A tal proposito, sovviene alla mente il termine “apertura”. Un luogo è composto dal territorio, quale sfondo del racconto della nostra storia, e dalle persone che vi abitano e che, insieme, costituiscono, nel rispetto della propria, e dell’altrui individualità, la sua comunità umana. Allora, appartenere ad un territorio vuol dire sì identità, sentimento, legame personale; ma essere parte di un luogo è anche senso di responsabilità, impegno per una pacifica convivenza, apertura verso gli altri, verso il rispetto della libertà d’ espressione di una collettività intera. Possibile che questa stia correndo il rischio d’essere minata? Perché vedersi costretti ad abbassare una bandiera di una tifoseria non “propriamente nostrana” non è forse essere già in una “cancel culture” (di cui, poi, vi parleremo)?

E allora, seppur lontanamente la propria appartenenza ad un territorio dovesse passare attraverso uno stendardo, in bella mostra, e riscuotendo una certa simpatia, un nostro concittadino ha deciso di rivolgersi al santo patrono. E chissà, il miracolo di un’apertura mentale, disputando la sua partita, potrebbe averla vinta su grossolani stereotipi, ahinoi, non ancora superati. Perché, a sentir Gaber, l’appartenenza esattamente è rispettare gli altri come sé.

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