16 Maggio 2024

Ci sono immagini che racchiudono a pieno l’essenza della vita lenta, di quel modo di fare le cose spontaneo e senza fretta. Come un anziano seduto in un angolo del suo balcone vista mare, su una sedia di legno probabilmente presa dalla cucina, che compila la settimana enigmistica, con indosso un maglioncino di filo blu e dei pantaloni quasi dello stesso colore. Oppure come una signora che di mattina va in edicola e compra il giornale, di quelli grandi e voluminosi, e che lo avvolge e se lo mette sotto spalla dopo aver scambiato le solite frasi di circostanza con il giornalaio di fiducia, che in fondo ne ha ben più bisogno di lei dato che ormai in edicola non ci va più nessuno. O come i tavolini di plastica davanti ai bar, su cui sono appoggiate un paio di tazzine vuote, bustine di zucchero svuotate a metà e posaceneri pieni. E occasionalmente anche mazzi di carte, briciole di cornetti alla crema e qualche spicciolo. 

La vita lenta è anche un signore di mezz’età seduto su una panchina al tramonto in canottiera, oppure due bambini che giocano a palla vicino al porticciolo senza preoccuparsi troppo di poter infastidire le signore che si stanno abbronzando a pochi metri da loro. 

Vita lenta è una busta piena di verdure del fruttivendolo e un limone rubato dall’albero del giardino di qualche sconosciuto. È un filone di pane fresco e un trancio di pizza mangiato per strada. È entrare in un posto e poter chiedere il solito, con la disinvoltura che solo l’intima familiarità può dare. Forse è anche quotidianità, di quelle che poi con la frenesia della vita uno spesso si dimentica. 

Per come me l’ha mostrata il Sud, lo spirito della vita lenta risiede negli occhi di chi il mondo lo deve ancora scoprire e di chi invece già ha vissuto abbastanza da non doversene preoccupare. E permane in tutti gli attimi accompagnati da ciò che non si ha bisogno di comprare o che si può pagare semplicemente con un paio di monete. 

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