16 Settembre 2024

Aquiloniadi grano, di pietre, di vento

Un borgo distrutto dal terremoto del Vulture che la notte del 23 luglio 1930 seppellì nella polvere oltre trecento persone.

Sulle alture dell’Alta Irpinia, quell’Irpinia di confine, remota, orientale, che si affaccia sulla assolata pianura pugliese, si possono incontrare tracce di paesi, villaggi, abbazie che lo sviluppo senza progresso della nostra Italia ha costretto alla decadenza e all’abbandono. Sono i paesi polvere, nugoli di case affogate nel vuoto, perse tra una fontana con poca acqua ed il muto vortice di enormi pale eoliche che si ergono gigantesche e stonate in mezzo ai campi di grano. Qui, dove tira sempre il vento, le pale eoliche hanno preso il posto delle antiche masserie, dei micromondi produttivi dell’Italia rurale spariti nel giro di pochi decenni con tutti i segni della loro preistorica esistenza.

Inoltrandosi ancora più a fondo in questo vuoto, può capitare di incontrare le suggestive rovine di paesi cancellati dalla violenza della natura e dalla storia, come Aquilonia vecchia, un borgo distrutto dal terremoto del Vulture che la notte del 23 luglio 1930 seppellì nella polvere oltre trecento persone. Di questo borgo medievale rimangono oggi poche mura, qualche portale spalancato sul nulla, il tracciato viario che segna il percorso dei passi dell’antico borgo. È suggestiva questa inaspettata piccola Pompei. Aquilonia, che Mussolini volle fosse ricostruita altrove, a qualche chilometro di distanza, fu tenacemente abitata ancora da diverse famiglie fino alla metà degli anni Cinquanta. Poi andarono via tutti. Rimasero solo le poiane e i gufi a custodire le pietre rotonde di fiume con cui erano costruite le abitazioni. Negli anni Novanta, con la nuova sensibilità di tutela dei beni storico-culturali e dell’ambiente, è stato riportato alla luce quel poco che di Aquilonia ancora restava: qualche arco di pietra, il perimetro di una chiesa, la volta di una cantina.

Oggi ci si può inoltrare fin qui con una piacevole passeggiata. Intorno al borgo fantasma si stendono a perdita d’occhio campi di grano, il vento ne piega le reste. L’orzo selvatico abbraccia gli stipiti di pietra dei portali. In alto il falco indifferente fa i suoi giri nell’aria pulita. Una lenta passeggiata qui, tra le rovine della vecchia Aquilonia, di grano, di vento, di pietre, può diventare – chissà – lo spunto per immaginare di vivere, come canta Battiato, “ad un’altra velocità”.

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