27 Aprile 2024

Ci sono giorni in cui vorrei, come credo un po’ tutti, non saper dare importanza alla dimensione estetica delle cose, dimenticarmi dell’apparenza. E non ne faccio una questione di superficialità o frivolezza, bensì un discorso di libertà. Libertà di scegliere come mostrarsi e con che tipo di profondità percepirsi. Mi riferisco all’idea di interagire col mondo senza che vi sia una costante che ne alteri in modo velato le variabili, all’avere il potere di decidere quanto a fondo filtrare se stessi e ciò che si ha attorno.

Che poi, a pensarci bene, non si tratta di nulla di trascendentale. Credo consista semplicemente nell’orientare il proprio animo una sensibilità che già si possiede, disimparando il modo in cui si è abituati ad usare gli occhi. Forse lo si fa riconsiderando il valore che le immagini assumono in quella che è la propria interpretazione del mondo, e abbandonando l’ipocrisia che impedisce di riconoscerne, in molti casi, la preponderanza sul resto. Allora il collegamento tra retina e pensieri diventa meno immediato, e dai tempi leggermente più lunghi. In tutti gli attimi così guadagnati, succede che si regala un po’ di autentica libertà a chiunque incroci il suo sguardo con il nostro, compiendo un atto di grande generosità. E quando lo si fa consapevolmente, le volte in cui tale gesto di estrema bontà lo si riceve, assumono un’importanza diversa, perchè ci si sente completamente meritevoli di tale forma di intima attenzione.

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