8 Settembre 2024

Realizzare di avere un privilegio, per quanto ipocrita e paradossale possa sembrare, può essere estremamente scomodo. Ci riflettevo poco tempo fa su una panchina in un parco, di quelli verdi ed estremamente curati, esattamente a due passi dalla mia università. 

Gli uccelli cinguettavano, il sole stava per tramontare ed io mi godevo l’ultima mezz’ora di luce per riempire l’arco di tempo tra la fine di una lezione e l’inizio di una riunione. Intenta a sorseggiare un succo di mela e qualcos’altro, comprato al volo al supermercato più olandese che ci sia, mi sono guardata attorno e ho avvertito la necessità di sorridere. Non era un sorriso di felicità, ma di tranquillità, di completa calma. Una sincera ammissione di quiete interiore che subito dopo ha generato in me un profondo senso di colpa, di cui ho impiegato un paio di minuti a capire la provenienza. Come se il mio starmene serena in un parco mi mettesse a disagio. 

In realtà non era il parco, e non erano nemmeno gli uccelli che cinguettavano, ma la constatazione di star vivendo una vita bella, quasi fuori dal mondo. Una bolla fatta di biciclette, pranzi e cene in compagnia, giovani, università, la possibilità di poter diventare chi voglio e tutti i mezzi per farlo. L’opportunità di potermi realizzare, di poter scegliere una strada piuttosto che un’altra, e di poterlo ancora fare a cuor leggero. E prima ancora di riconoscere la mia fortuna, ho pensato all’enorme privilegio che colma questa fase della mia vita, lontana da casa e lontana forse anche dal mondo vero. L’ho sempre saputo, non è la prima volta che affronto dentro di me tale discorso, ma stavolta è stato diverso, mi ha colpito di più, forse perchè sorridevo in un modo nuovo, con assoluta leggerezza.  E la consapevolezza che dietro a quell’espressione ci sia tanta casualità, una fortuita combinazione di circostanze favorevoli, mi mette profondamente in difficoltà. E credo sia giusto così, ne sono felice. 

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