16 Settembre 2024

Le narrazioni fantastiche resistono al tempo perché sono metafore. Pinocchio è una di queste. 

In questi giorni, nel leggere di censure in capo a storie di infanzia e magia, ci è tornato alla mente lui, Pinocchio, nostro preferito, in quanto icona universale ed anacronistica. 

La ragione sta nel fatto che le avventure di Pinocchio sono un vero e proprio racconto che parla della crescita, della vita e dei suoi pericoli. 

La storia del burattino di legno è una vera e propria metafora che allude al cambiamento e alle trasformazioni possibili. È il racconto di quell’ infanzia che ognuno di noi si porta dentro, e Pinocchio, nella sua impulsività, rappresenta quel bambino che scalpita inquieto e curioso, desideroso di diventare umano. Diventare altro. 

Pinocchio che incarna anche le caratteristiche dei preadolescenti, un po’ svogliati e distratti, anticonformisti e poco adattabili alle esigenze della vita. Periodo lungo che travolge gli adulti e mette a dura prova la loro resilienza.

Ma al di là delle tante teorie educative che si vogliono tirar fuori da un cilindro che magico oggi non è, ciò che ci affascina, e che ci fa dire no alle censure, è un ragazzino, sì disubbidiente e trasgressivo, ma che scopre, mosso da curiosità, tutte le sue risorse e che ci insegna a non giudicare le cose dal loro aspetto. La storia di Pinocchio è quella dell’ambivalenza adolescenziale che da una parte spinge verso il cambiamento e la trasformazione e dall’altra paralizza lo sviluppo perché prevale la paura della crescita. Grazie alla genialità di, Carlo Lorenzini – in arte Collodi – le avventure di Pinocchio sono la narrazione del desiderio di libertà che contiene il bisogno di esplorazione e il rischio del disordine e del disagio. Ma questa è la storia di ogni individuo che, con fatica, affronta in età evolutiva – ma anche in quella adulta, la grande magia della trasformazione.

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