16 Settembre 2024

Una barbarie sociale

È necessario un intervento preventivo e concreto, che parta, dai libri di testo, pieni di stereotipi e di cultura patriarcale.

“Appoggio la testa a un albero… mi fanno male anche i capelli… me li tiravano per tenermi ferma la testa. Mi passo la mano sulla faccia… è sporca di sangue. Alzo il collo della giacca. Cammino… cammino non so per quanto tempo. Senza accorgermi, mi trovo davanti alla Questura. Appoggiata al muro del palazzo di fronte, la sto a guardare per un bel pezzo. Penso a quello che dovrei affrontare se entrassi ora… Sento le loro domande. Vedo le loro facce… i loro mezzi sorrisi… Penso e ci ripenso… Poi mi decido… Torno a casa… torno a casa… Li denuncerò domani”. 

È il monologo di Franca Rame in riferimento a quanto accadde il 9 marzo 1973 quando venne rapita da cinque uomini, fatta salire a forza su un camioncino e violentata per ore.

Parole che, lette un po’ di tempo fa, ci sono tornate alla mente e avvertiamo tutto quanto il loro peso specifico. Cinquant’anni dopo quel fatto, con rabbia, esse riflettono un’estate da incubo per noi donne, quella del 2023. Femminicidi e violenze di una drammaticità inenarrabile. Possibile che siamo ancora così in alto mare per frenare concretamente, senza troppe filosofie di sorta, questa strage di genere?

Quì si comprende tutta quanta l’importanza di un cambiamento radicale, e allora capiamo bene che bisogna lavorare alacremente su due fronti: giustizia – di cui approfondiremo – e formazione. Perché la strada per limitare, bloccare questi atti vili e violenti passa attraverso l’educazione sociale, a partire dalle famiglie e dalle scuole ove deve essere insegnata a mo’ di mantra la cultura del rispetto per l’altro. A questo punto, è necessario un intervento preventivo e concreto, che parta, ad esempio, proprio dai libri di testo, pieni di stereotipi e di cultura patriarcale dove la donna fa le torte e l’uomo torna a casa stanco dal lavoro. Evidentemente, pensiamo di non avere problemi su questo fronte, invece no. Noi italiani siamo ultimi in Europa nell’occupazione femminile e nella condivisione dei lavori di cura. Ricordiamocelo.

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