19 Settembre 2024

Riscoprire la carezza dello sguardo

A Galdo degli Alburni, una piccola comunità senza whatsApp, un circolo spontaneo senza smartphone, riempie vuoti pomeriggi con parole, racconti, chiacchiere, e piccole riflessioni.

Il turismo di massa è un fatto di costume e qualche volta un fatto di cronaca. Spostamenti di persone come in esodi biblici segnano le cronache estive delle città, delle riviere, dei centri famosi dove ciascuno vuole andare non tanto per vedere, guardare, capire, ma per l’immancabile selfie da pubblicare, per dire in fondo di essere stato anche lui lì dove stavano tutti.

A volte ci sarebbe bisogno – invece che di folle e posti congestionati, di fotografie da esibire, di file d’attesa per imbarchi e sbarchi – di vedere qualche vuoto completo che è più umano del “tutto esaurito”. Ci sarebbe bisogno di fermarsi, di parlare con calma, di accarezzare con lo sguardo che è una cura – direbbe il poeta Franco Arminio – uomini e cose in posti remoti, la cui delicata e solitaria bellezza dipende soltanto dal dorso dolce di una collina di fronte, da una curva della strada segnata da macchioni di ginestre, da un vento di alta collina che sparpaglia le poche nubi nel cielo. Nella passione da cui tutti oggi sono presi dei vortici impossibili dei “non luoghi” di questa nostra società consumi, per i quali non c’è mai parcheggio che basti, non riusciamo forse neppure più a scorgere il senso tutto umano del guardare semplicemente una via o un angolo vuoto di paese, un gomito di strada, un picco assolato. Può capitare di trovare nello slargo involontario di un incrocio, in uno scampolo di strada senza uscita, sulla soglia di una casa aperta, quattro donne non tanto giovani, coi vestiti di casa, a parlare lente, silenziose, sotto l’immagine di un santo antico, senza orari di partenze, di sbarchi, di imbarchi. Una piccola comunità provvisoria senza whatsApp, un circolo spontaneo senza smartphone, fatto di parole e racconti, storie e chiacchiere e riflessioni nate nel vuoto del pomeriggio lungamente traghettato verso il vuoto della sera. Non è idillio. È una dimensione umana perduta che possiamo forse riscoprire, che possiamo ricercare girando in quei paesi deserti dell’Appennino in cui, come dice Arminio, “tutti sono partiti; specialmente chi è rimasto”.

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