18 Ottobre 2024

L’altro giorno mentre ero al bar a sorseggiare un caffè filtrato decisamente troppo costoso per suo il retrogusto amaro, necessariamente da correggere con una considerevole quantità di latte vegetale, mi sono ritrovata per caso ad ascoltare una conversazione tra due ragazzi di cui non sono riuscita ad intendere la provenienza. Parlavano entrambi un inglese quasi privo di accento, forse segno di tanta esperienza all’estero o di una grande predisposizione per le lingue. 

Seduti uno di fronte all’altro, discutevano del futuro e di scelte che a pensarci fanno un po’ paura. Discutevano del non avere una direzione precisa, di come l’infinità delle strade da percorrere sia entusiasmante e al contempo fuorviante. Di come entrambi abbiano ancora l’enorme privilegio, e parallelamente la responsabilità, di poter essere, o meglio diventare, ciò che vogliono. 

E parlavano di tempo, di come debbano presto iniziare a farci i conti davvero. Avvolgendo le mani attorno a due tazze semipiene come per riscaldarle, riflettevano su come per la prima volta non si sarebbero potuti avvalere della temporaneità che ha sempre accompagnato la conseguenze delle loro scelte, facendo apparire meno importante il rischio che non si trattasse di quelle giuste. E di come le loro vite stessero per imboccare una corsia più definitiva delle altre, senza uscite di emergenza ogni manciata di chilometri.

Per quanto tutti e due fossero persi, provavano ad aiutarsi a vicenda con l’esperienza di vita accumulata in una ventina di anni a testa, dando vita ad una conversazione teneramente buffa da origliare durante un piovoso pomeriggio infrasettimanale. Era decisamente un momento importante nella storia di entrambi.

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