16 Settembre 2024

Lasciare un pezzo di sé in giro, magari appeso ad un filo teso tra i due estremi di una strada stretta e poco trafficata, è forse la dimostrazione di spontaneità più autentica che riesco ad immaginare. 

Dare un’identità, o per lo meno provarci, a chi quei panni li ha stesi, è invece un esercizio di delicatezza. Domandarsi quali mani abbiano steso un paio di lenzuola bianche, una maglietta avvitata, o un telo di lino, nasce infatti da una sensibilità a cui solo la vita lenta può educare. In genere succede al sud del mondo, dove fa sempre caldo abbastanza da far sì che i vestiti si asciughino all’aperto e l’animo coltivi leggerezza.

Sotto l’ombra di sagome di tessuto avviene dunque uno scambio, in cui chi è di natura incline all’empatia concede un po’ di fantasia a chi è generoso abbastanza da condividere con disinvoltura uno scorcio della propria intima quotidianità.

 Si tratta di un’intesa astratta, racchiusa in uno sguardo rivolto verso l’alto e una manciata di stoffe verso il basso, che si traduce in volti e storie che resteranno sempre in bilico su un filo teso a mezz’aria tra balconi e finestre, dove, di tanto in tanto, si affaccia chi mi piace pensare viva una vita tanto felice da permettere agli altri di participare, anche se solo per un paio di sguardi.  

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