8 Settembre 2024

Quando cerchiamo di capire le origini della crisi e della trasformazione di questa nostra Italia che non è più riconoscibile nel suo profilo etico, nella sua dimensione civile, nella sua tradizione umanistica, sempre più spesso ci imbattiamo nel nome di Pierpaolo Pasolini, un intellettuale che oggi sembra un profeta. In tempi in cui tutto sembrava progresso e sviluppo, egli intravedeva e denunciava la fine della cultura umanistica italiana, affermava con chiarezza e con dolore che ci si stava avventurando in un’età nuova in cui il capitalismo trionfante rendeva tutto soltanto merce, profitto e consumo. Gli uomini, profetizzava lo scrittore, si avviavano verso una mutazione antropologica profonda che avrebbe portato alla nascita di un’altra dimensione nella quale l’umanesimo con i suoi valori avrebbe avuto scarsa o nessuna importanza. Come appunto è accaduto. In un famoso articolo “La scomparsa delle lucciole”, pubblicato nel 1975 sul “Corriere della Sera”, egli notava che in primavera non si vedevano più le lucciole negli sterrati fuori porta, nelle campagne d’Italia. Indizio che l’inquinamento, lo stravolgimento urbanistico, il progresso feroce e rancoroso, stravolgeva la natura e, più in generale, sembrava distruggere tutto un mondo. Pasolini vedeva “il comportamento coatto del potere dei consumi ricreare e deformare la coscienza del popolo italiano, fino a una irreversibile degradazione”. L’immagine delle lucciole è una bella metafora di una umanità semplice, una luce capace di “farci segno” tra noi, tenue baluginìo nel buio, che stava sparendo per sempre nell’accecante potenza di riflettori da stadio, da spettacoli politici, da palcoscenici televisivi. Tutto veniva coperto dal disumano conformismo consumistico, dal feticcio delle merci e della produzione orientata ai consumi. Pochi mesi dopo Pasolini veniva assassinato all’idroscalo di Roma. Oggi la sua immagine appare qua e là sui muri con lo sguardo intenso e ammonitore di un profeta.

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