16 Settembre 2024

La melodia del grano

Giovanni possiede una trebbiatrice degli anni ’70. Lui, musicista di professione, e contadino di appartenenza. Afferma “Se del buon pane vuoi mangiare, il profumo del grano devi odorare”.

Percorriamo una strada di Giovi. Incappiamo in qualcosa di cui non avevamo quasi più coscienza, la mietitura del grano. O meglio, il momento suo conclusivo; il trasporto dei fasci dal campo al luogo deputato per la fase successiva. Cogliamo l’attimo! Accostiamo, e tra chiacchiere cordiali, prendiamo parte alla trebbiatura del grano.

Giovanni possiede una trebbiatrice degli anni ’70. Lui, musicista di professione, e contadino di appartenenza. Il suo papà, già figlio di trebbiatore, lo era. Con una trebbiatrice degli anni ’30, proveniente dall’Ungheria, trebbiava il raccolto di quasi tutti i suoi compaesani.

 “Se del buon pane vuoi mangiare, il profumo del grano devi odorare”.  Questo racconto ha il suono di una voce spezzata dall’emozione e lo sguardo lucido di un uomo che conosce la nostalgia.

La lavorazione del grano è una delle colture più sviluppate del mondo occidentale. Essa avviene attraverso la mietitura e culmina con la trebbiatura. Quest’ultima è volta alla separazione del prodotto finale dai suoi scarti. Una lavorazione che avviene a fine giugno e nel mese di luglio, quando il prodotto ha raggiunto la secchezza ottimale per essere trebbiato per poter finalmente ottenere quei chicchi del caldo colore del sole.

Uno dei luoghi più comuni e, ancora oggi, ripetitivi, che anacronisticamente tenta di contraddistinguere le colline di Giovi, ed i suoi abitanti, è quello secondo il quale si proclama che a “Giovi se lo porti, lo trovi”. Vi abbiamo qui raccontato una delle più antiche bellezze di questa natura, vicina e nostrana, che allegramente lo sconfessano.

E se un tempo il signor Giovanni aiutava il nonno ed il papà nei campi di grano, oggi, in suo aiuto, accorre Rino, suo figlio, ed il piccolo Giovanni, figlio di suo figlio, che ha quattro anni, suona la batteria, ascolta i Queen ed “insegue” nonno Giovanni, il suo idolo.

Chissà, forse il piccolo già rappresenta la quinta generazione di una tradizione di famiglia, quella che ha il seme del ricordo per i propri antenati, che nei campi hanno alacremente faticato, affinché questa resti viva per sentirsi vivi ancora.

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