18 Ottobre 2024

Il riscatto di Napoli non ha la faccia di Maradona

La rivalutazione socio-politica del capoluogo partenopeo, a seguito della vittoria dello scudetto, sono il miglior modo per creare confusione e falsi miti su una situazione completamente distante dalla realtà delle cose.

Attribuzioni fantasiose sul riscatto sociale e politico del capoluogo partenopeo, a seguito della vittoria del tanto atteso scudetto, sono il miglior modo per creare confusione e falsi miti su una situazione completamente distante dalla realtà delle cose. Forse un inizio un po’ crudo, ma le mie considerazioni su una città così ricca di storia, cultura e tradizioni (lontane dall’idea “o mar, o sol, o cor”) devono andare per forza oltre il calcio. E questo non per demonizzare la città in sé o i napoletani, ma per riflettere su come questi ultimi si sentano spesso mal rappresentati da clichè a cui loro stessi contribuiscono a dare adito. Che Napoli sia una città unica c’è poco da dire: cittadini che si sentono popolo di una terra tanto bella, tanto amara quanto desiderata, rappresentazione moderna di un Nabucco di Verdi. Ho pensato che il reale riscatto di Napoli fosse quello di coloro che vivono la città quando lo scudetto non esiste, quello di coloro che, al posto del murales di Maradona, vogliono rendere i quartieri spagnoli un luogo con più opportunità, quello di chi lotta per portare a conoscenza i vari e ricchissimi musei della città, ancora troppo bistrattati, quello di coloro che si sono ben resi conto che il sole non si trova solo alle pendici del Vesuvio e che “o cor” non è un elemento per potersi confrontare con le altre realtà europee. Napoli ha bisogno di uscire da un ghetto culturale che man mano sta sempre più assorbendo la città, sostituendo le vere bellezze del territorio, che definiscono profondamente una cultura e una realtà sociale, con un’identità fittizia e feticcia, che punta (non so se volontariamente) sempre più a quella mostrata quotidianamente su tiktok. Il Napoli non può essere uno dei principali strumenti per esportare la cultura partenopea nel mondo, ma un elemento aggiuntivo di una città che conosce veramente sé stessa e che, nella sua complessità, abbia il coraggio di riconoscere le proprie profonde radici, per mostrarsi realmente nel presente.

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