25 Aprile 2025
Unknown-2

Ci sono contesti in cui l’identità si dilata e si contrae sotto il peso della performatività, che scivola sottopelle, si insinua nei gesti e si annida nei pensieri di chi spesso ne è immerso senza averne piena consapevolezza. Situazioni in cui ci si modella in funzione di uno sguardo altrui, aderendo a codici e aspettative, fino a confondersi con esse. Una sorta di gioco delle parti, sottile e ininterrotto, modellato dall’illusione di avere pieno controllo sulla propria immagine, che si intreccia con dinamiche che stabiliscono ciò che è desiderabile.

Come si fosse costantemente impegnati nella rappresentazione di sé, a metà tra volontà e condizionamento, costruendosi in prospettiva di una narrazione esterna. Più che un gioco delle parti, forse un labirinto di specchi, dove la performatività si riflette e si moltiplica nella realtà quotidiana. Si insinua nella piega di una giacca scelta con cura, nel tono modulato per aderire all’aspettativa di un istante, nella risata che si adatta al ritmo di una conversazione.

 Ci sono contesti segnati dal continuo ricalibrarsi negli occhi degli altri, nel riflesso di desideri che si credono propri e che, spesso, sono solo il riverbero di un castello di aspettative. Situazioni in cui l’identità si perde nel riflesso di gesti, parole e pensieri che è difficile determinare quanto abbiano di proprio. Una sorta di ricerca di forma in una dimensione che costantemente sfuma, guidata dalla voglia di essere riconosciuti, fino a perdersi nell’immagine di sé più accettabile, ma forse distante da come si desidera essere davvero.